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Torre Cerrano

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 La Torre Cerrano è una delle antiche torri costiere del Regno di Napoli, si trova sulla costa dell’Adriatico, in provincia di Teramo, tra Silvi e Pineto. E’ uno pochi esempi rimasti integri della fitta rete di fortificazioni costiere del Regno di Napoli, che avevano la funzione di respingere i frequenti attacchi di turchi e saraceni provenienti dal mare. Torre Cerrano, la cui costruzione risale al 1568, deve il suo nome all’omonimo torrente, che scende dai colli di Atri e la cui foce é situata 500 metri a sud della torre, nel comune di Silvi.  Le parti alte e laterali della Torre sono un’aggiunta più recente, realizzate nel secolo scorso dalle famiglie che la utilizzarono prima che la torre diventasse patrimonio della Provincia di Teramo nel 1981. Secondo gli storici Strabone e Sorricchio i resti archeologici antistanti alla torre sarebbero quelli del porto dell’antica colonia romana di Hatria, l’odierna Atri, meta di scalo di navi cariche di cereali provenienti dalla Puglia e dalla Sicilia e luogo di carico per i vini locali diretti in Grecia e verso Aquileia nel nord del mare Hatriaticum.
Oggi la Torre, affidata in comodato al Consorzio di Gestione dell’Area Marina Protetta Torre del Cerrano e all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Abruzzo e Molise, ospita  il Centro Internazionale di Formazione Veterinaria oltre alla Biblioteca e al Museo del Mare in allestimento con l’Info-point dell’Area Marina Protetta.

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La Storia Torre Cerrano
Strada Statale 16Km431 Pineto-Silvi

A cura di: D.ssa Maria Cristina Mancinelli, Guida del Cerrano

Il contesto.

Resti del porto foto di R. Breda Archeosub HatriaLa Torre Cerrano deve il suo nome dall’omonimo torrente, situato attualmente 500 metri a sud, alla cui foce corrispondeva l’antico porto di Hatria (Atri), un tempo meta di scalo marittimo al servizio della collinare città. L’ubicazione del porto nelle acque antistanti la torre, rappresenta un contatto importante tra chi viene dal mare e chi vive sulla terraferma e la sua corrispondenza con la foce del fiume è più che lecita, in quanto anticamente il trasporto fluviale era vantaggioso dal punto di vista economico e più veloce rispetto alla strada e al bestiame poiché non c’era la necessità di riposare e alimentarsi. Le imbarcazioni potevano circolare senza fermarsi, supportare un gran numero di casse anche pesanti, senza che esse venissero sballottate: grano, carbone, legna, sale e soprattutto, come nel nostro caso, trasportare grandi blocchi per le costruzioni di castelli o di cattedrali. Si caricavano a bordo botti di vino, olio, ed il legno nella maggior parte dei casi direttamente gettato nel fiume e trascinato dalla corrente; più difficoltoso era sicuramente il viaggio di risalita controcorrente, che impiegava molto più tempo, frequente era l’alaggio: trainare il battello dalla riva con un cavo tirato da uomini o animali. Le imbarcazioni avevano inoltre il fondo piatto per non arenarsi sui banchi di sabbia e la vela aiutava a risalire la corrente.

Per chi veniva dal mare dunque, i porti erano centri dotati delle infrastrutture che consentivano la vendita e lo scambio delle merci, il vettovagliamento per gli equipaggi e la possibilità di riparare eventuali danni alle navi (legno e personale in grado di lavorarlo), luoghi di raccolta e di stoccaggio dell’attività produttiva che convogliava il prodotto delle aree interne. Una struttura portuale pertanto, poteva esistere soltanto se aveva alle spalle una solida organizzazione politica ed economica che ne garantiva il funzionamento, in questo caso la trimillenaria città d’arte: Atri.

Il porto diviene per il territorio retrostante il punto d’accesso, il portus infatti viene dal latino ed è inteso come “porta”; la collocazione di una struttura fortificata come la Torre nel medesimo luogo, acquisisce una demarcazione del territorio ancora più forte. In diverse località dell’Italia meridionale vennero edificate torri di vedetta a difesa dei porti e delle principali città.

La storia.

Torre-4La presenza di una torre precedente l’attuale, si fa risalire alla fine del ‘200, durante il regno di Carlo II d’Angiò, ove appare per la prima volta una “vecchia torre” in Penna Cerrani, la cui ricostruzione con una disposizione del 1287, reiterata nel 1293 e 1294, viene posta a carico anche degli abitanti di Silvi e Montepagano (antico nucleo della futura Roseto – mons-montispagus significa villaggio sul monte), che avrebbero poi tratto beneficio dalla possibilità di ricoverare le navi e di commerciare; analoghi ordini furono emessi nel 1310 e nel 1352.

L’attuale costruzione è successiva, facente parte del sistema di fortificazioni litoranee a difesa del Regno di Napoli dall’incursione di Turchi e Saraceni. Inizialmente furono gli Angioini a pensare ad un sistema permanente e completo di torri di difesa e di segnalazione in vista l’un dall’altra, attraverso segnali di fumo e fuochi, ma tale sistema fu realizzato solo in minima parte, anche a causa dei continui cambiamenti politici, passando infine sotto il controllo dei feudatari e delle famiglie che intendevano proteggere i propri territori.

Nel XV secolo cresceva la potenza turca, essi occuparono Costantinopoli (oggi Istanbul) con una politica marinara che aveva lo scopo di neutralizzare i Veneziani. Conquistarono quindi l’Albania e da lì assalirono Otranto con lo scopo di controllare l’Adriatico e avere quindi una base d’attacco per invadere l’Italia.

Le minacce si fanno particolarmente intense quando, nell’estate del 1556,  furono risparmiate all’Abruzzo terribili devastazioni, grazie alle difese ed al sistema di punti d’avvistamento del Duca d’Atri Giovan Girolamo D’Acquaviva.

Con l’avvento del governo spagnolo al Regno di Napoli (1501), l’idea di un sistema permanente e continuo era stato ripreso. Nel 1532 il Viceré don Pedro di Toledo (1513-1559) emanò un’ordinanza con la quale si obbligavano i privati ad erigere le torri, tuttavia l’ordine non fu seguito. Nel 1563 fu emanato un nuovo editto e si cominciò ad attuare l’antico programma della costruzione della catena di torri marittime. Il sistema delle torri d’avvistamento avrebbero avuto il compito di allertare tempestivamente le città vicine dell’imminente pericolo ma, essendo dotate di guarnigione e colubrine, anche di respingere tali incursioni.

Nel 1568 Alfonso Salazar, commissario del presidente della Regia Camera di Summaria (organo amministrativo, giurisdizionale e consultivo dell’antico regime aragonese operante nel Regno di Napoli), dopo aver effettuato un sopralluogo insieme all’ingengner Scala, dispose la costruzione di quattordici torri in Abruzzo: Tronto, Vibrata, Salinello, TordinoVomano, Chirano, Fossacesia, Senella e le sei del 1563; i lavori furono portati a termine entro il 1569. Buona parte delle torri abruzzesi fu costruita da Vincenzo Tavoldi, un bergamasco che con il fratello si stava occupando delle fortificazioni di Pescara e Civitella, e che il primo aprile 1568 si aggiudicò l’appalto per otto di tali torri, impegnandosi a finirle entro diciotto mesi.

Per molto tempo la Torre Cerrano rimase un baluardo per il presidio e la difesa della costa e all’inizio del XVIII secolo entrò a far parte dei possedimenti degli Scorrano, Marchesi di Cermignano. Con la fine delle scorrerie da mare, il torrione fu acquistato agli inizi del ‘900 da Pasquale Filiani, ufficiale di marina, che lo rese abitabile e ne curò la ristrutturazione con scrupoloso rispetto dello stile originario, aggiungendo alla costruzione la torretta terminale. Negli anni venti ne divenne proprietario il marchese De Sterlich, eccentrico esponente della nobiltà locale che, nel 1935 fece ampliare la Torre con l’aggiunta (sui lati sud ed est) di un’ala a forma di “L” comprendente un seminterrato ed i piani terra, primo e secondo.

Più rispettoso dello stile è stato l’ultimo proprietario, l’ingegner Tito Marucci, che ne ha curato particolarmente la buona conservazione. Nel dicembre 1981 la Torre è stata acquistata dall’Amministrazione Provinciale di Teramo, e dopo aver provveduto al consolidamento, ha affidato la struttura (21 maggio 1993) all’ Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo per la realizzazione di un Centro Ricerche e Studi di biologia.

La struttura.

Torre-Cerrano-2Le istituzioni vicereali dettavano condizioni ben precise sulle tecniche costruttive che ogni torre doveva seguire. L’altezza si aggirava intorno ai 12 metri, il lato di base esterno 10-12 metri e il lato interno 5 metri. Le strutture presentano una connotazione volumetrica tronco-piramidale con muratura a scarpa che gli permetteva maggiore stabilità e resistenza a sopportare pesanti artiglierie, facilitando l’azione delle caditoie. La distribuzione interna degli spazi era molto semplice, su due livelli e copertura chiamata “piazza d’armi”. In quest’ultima si posizionavano le armi per la difesa, catapulta e cannoni, e su di essa si succedevano i turni di guardia e si ricevevano e trasmettevano i segnali. Il primo livello era per lo più un deposito riserve di cibi, bevande e munizioni, nel secondo livello soggiornava il guardiano della torre.

La Torre era coronata per l’intero perimetro da caditoie (nota anche con il termine piombatoia, ad indicare una apertura disposta in successione lungo il cammino di ronda della costruzione difensiva), inclinate dell’8%, per mezzo della quale era possibile rovesciare sul nemico oramai prossimo alle mura, ogni tipo di proiettile o di oggetto contundente, liquidi infiammabili o bollenti, materiali solidi come laterizi o pietre. Il numero di caditoie era variabile da tre a cinque, intervallate da uno spazio sufficiente ad ospitare un’archibugiera, feritoia nelle mura attraverso la quale sparavano gli archibugieri, soldati di fanteria armati di archibugio, l’antica arma da fuoco che permetteva maggiore precisione nel tiro. Per ragioni di difesa il vano d’ingresso era di piccole dimensioni, collocato nella parete rivolta verso terra. Le scale monumentali che oggi concedono l’accesso a queste imponenti costruzioni, sono di epoca successiva. L’accesso alla torre infatti, avveniva per mezzo di scale realizzate in legno o in corda che venivano calate e ritirate a seconda delle esigenze. La torre per ordini severissimi non poteva essere abbandonata in nessun caso.

La funzione sostanzialmente richiesta, era quella di un piccolo presidio composto mediamente di tre uomini fra cui un castellano, un fuochista e un cavaliere a cavallo pronto a partire e diffondere l’allarme nelle campagna e città per l’evacuazione.

La celebre Torre del Cerrano rispecchia a pieno questa tipologia delle torri costiere del Viceregno, la costruzione è formata da un massiccio torrione a base quadrata in laterizio, alla base il lato esterno è di 12,60 metri mentre quello interno di 5,80 metri. Le mura hanno spessore decrescente e inclinate a piramide, ciascuna è coronata da quattro robusti beccatelli e tre caditoie sormontate da sei merli di fattura guelfa. L’altezza è di 12,60 metri esclusi i 90 centimetri dei merli. Molto simile ad essa è la “gemella” Torre del Salinello.

Al tempo in cui fu costruita la ferrovia fu eretto un alto muraglione di contenimento subito a valle della torre.

TorreAlba2Un inventario del 1748 ci dà un numero complessivo di 379 torri, così suddivise:

* L’Abruzzo Citra (Abruzzo citeriore) e l’Abruzzo Ultra (Abruzzo ulteriore) fu una unità amministrativa prima del Regno di Sicilia, poi del Regno di Napoli ed infine del Regno delle Due Sicilie. Fu costituito in giustizierato nel 1273 da Carlo I d’Angiò,  con il Diploma di Alife, che formalizzò la divisione del Giustizierato d’Abruzzo creato dall’Imperatore Federico II, in due distretti amministrativi, l’Aprutium ultra flumen Piscariae e l’Apriutium citra flumen Piscariae (Abruzzo al di là del fiume Pescara e Abruzzo al di qua del fiume Pescara).

Notizie storiche.

Nel 1251 la guelfa Atri ricevette dal Cardinale Pietro Capocci dei privilegi, tra cui quello di costruire un porto. Concessione confermata nel 1255 da Papa Alessandro IV con l’indicazione in Penna Cerrani (sulla Punta del Cerrano).

Nel 1288, il capitano marittimo Santorio d’Atri dispone di misure di vigilanza presso il porto di Cerrano di Silvi.

Durante il regno di Carlo II d’Angiò appare per la prima volta una “vecchia torre” in Penna Cerrani la cui ricostruzione, con una disposizione del 1287, reiterata nel 1293 e 1294, viene posta a carico anche degli abitanti di Silvi e Montepagano, che avrebbero poi tratto beneficio dalla possibilità di ricoverare le navi e di commerciare; analoghi ordini furono emessi nel1310 e nel 1352.

Nel 1310 il vicario generale di Roberto d’Angiò, raccomanda agli abitanti di Silvi e Montepagano di custodire la torre posta a guardia del porto di Cerrano di Silvi.

Nel 1324 una chiesa di San Nicola, nei pressi della torre, compare nel registro delle decime.

Durante il regno di Carlo II d’Angiò appare per la prima volta una “vecchia torre” in Penna Cerrani la cui ricostruzione, con una disposizione del 1287, reiterata nel 1293 e 1294, viene posta a carico anche degli abitanti di Silvi e Montepagano, che avrebbero poi tratto beneficio dalla possibilità di ricoverare le navi e di commerciare; analoghi ordini furono emessi nel1310 e nel 1352.

Il 9 dicembre del 1362, nel Palazzo reginale di Atri, alla presenza di Nicola d’Amico di Giacomo Probi di Atri, giudice reginale, università e gli uomini di Atri, adunatisi per ordine del gentiluomo Guccio de’Cosis di Firenze, capitano della città, affidano al notar Luzio di Pietro Assalti e a Luzio di notar Angelo di Atri, l’incarico di stringere accordi con l’università di Teramo sulle somme da pagarsi ai gabelloti e ai credenzieri che esigono i diritti di fondaco e di carico e scarico delle merci in transito, nel porto sulla spiaggia “cerrani”.

Nel 1363, Giovanna I d’Angiò permette ai teramani di imbarcare e scaricare le merci presso lo scalo di C.

Nel 1324, Giovanna II d’Angiò Durazzo investe Andrea Matteo II Acquaviva, quarto duca d’Atri e conte di San Flaviano, ancora pupillo del porto Cerrani, dietro supplica della madre e tutrice Caterina Riccardi, vedova di Pietro Bonifacio, terzo Duca d’Atri.

Nel 1388 gli introiti del porto furono destinati al suo restauro per volere del re Ladislao di Durazzo e della regina madre e reggente Margherita di Durazzo; analoghi provvedimenti furono presi più volte nel tempo, allo scopo di mantenere il porto in efficienza.

Nel 1419 fu rinnovata ad Atri l’autorizzazione a riscuotere un pedaggio destinato anche alla custodia del Castello e Porto di Cerrano.

Nel 1464, Ferrante I d’Aragona conferma a Giulio Antonio Acquaviva, conte di Conversano, la restituzione di Atri e del distretto cittadino risalente al 1462 e include nelle pertinenze della città, il porto di Cerrani.

Torre-Cerrano lastNel 1481, il sovrano ripete la conferma in favore di Andrea Matteo III Acquaviva, primogenito di Giulio Antonio conte di Conversano e di San Flaviano e settimo Duca d’Atri. (il porto è elencato tra i possedimenti ma alla fine del secolo non rimaneva molto: « Item ha lo castello de lo porto de Cerrano cum casamenta dentro et sbaglio cum terrino de fora de le mura cum prato ce tomuli uno appresso le case de l’ecclesia de Sancto Nicola da di lati et da pedi lo lito de la marina et da capo la strada de la salara et altri fini » Catasto del Comune di Atri, 1499)

Nel 1493, ad Atri il giudice delle cause civili e i signori del Reggimento del Comune di Atri deliberano di dare il locazione la locanda del porto di C. per 20 ducati annui.

Nel 1495, in Castel Capuano, Carlo VIII di Valois restituisce ad Andrea Matteo III d’Acquaviva, il porto Cerrani.

Nel 1502, Luigi XII di Valois-Orleans si comporta allo stesso modo.

Nel 1512, il porto di C., andato distrutto durante una tempesta, viene ricostruito presso la foce di Galvano.

(il 14 settembre 1513 il procuratore dell’Università Bartolomeo di Cola Sorricchio lo cedette, insieme ai diritti esclusivi di pesca ed approdo, ad una società formata da quattro persone; questo è l’ultimo documento ove si cita il porto di Cerrano e, nel 1516 il comune di Atri decise di abbandonare definitivamente il diroccato e rinterrato porto di Cerrano per costruire un approdo più piccolo presso la marina di Calvano e, il 9 novembre 1518, acquistò «una mezza tomolata di terreno in contrada Calvano vicino al lido del mare per il prezzo di ducati sedici a ragione di carlini undici per ogni ducato». ancorché dotato di osteria, albergo per il riposo dei viandanti e di una grande stalla, non fu mai un porto vero e proprio ma rimase un modesto approdo per i barconi che facevano la spola lungo la costa o si spingevano fino all’altra sponda dell’adriatico).

Nel 1588, un caporale e due soldati vigilano sulla torre di C.

Da questo momento entra al servizio completo del Regno come parte del sistema difensivo da loro messo a punto.

Documenti tratti da: D.A.T. Documenti dell’Abruzzo Teramano, V,2, 2001.

 

Gli ultimi 100 anni di Torre Cerrano
Festeggiati alla Torre il 6 settembre 2015
A cura di: D.ssa Sara Di Silvestre e Dr. Alberto Miccadei, Guide del Cerrano
 
 L’attuale Torre Cerrano fa parte di un sistema difensivo e di avvistamento voluto agli inizi del XVI Secolo dal regime aragonese del Regno Di Napoli ed espresso tramite ordinanza emanata nel 1532 dal Vicerè Don Pedro de Toledo. La necessità della realizzazione di tale sistema difensivo nasceva dalle sempre più frequenti e devastanti incursioni dei pirati turchi e saraceni. L’effettiva costruzione di queste torri, però, iniziò solo nel 1563 quando il commissario della Regia Camera Di Summaria (organo del governo aragonese), Alfonso Salazar, in seguito a un sopralluogo, dispose la costruzione di 19 Torri nell’odierno territorio abruzzese; più specificatamente 8 torri nell’Abruzzo Ultra (o Ulteriore – a nord del fiume Pescara) E 11 torri nell’Abruzzo Citra (o Citeriore – a sud del fiume Pescara). I lavori di costruzione furono portati a termine entro il 1569. L’edificio originale del XVI secolo, però, non aveva la forma che oggi conosciamo; la Torre Cerrano, infatti, come tutte le altre, constava di un unico corpo a pianta centrale di base quadrata, edificato in laterizio e costituente il torrione. Il corpo originale, che oggi è il nucleo del complesso, ha il lato esterno misurante 12,80 metri e quello interno 5,80 metri, con mura a spessore decrescente, inclinate a piramide; ne risulta un corpo a forma tronco-piramidale, sormontate da 4 beccatelli e 3 caditoie; il tutto sovrastato da merli di fattura guelfa. La Torre era alta 12,60 metri, esclusi i 90 centimetri dei merli (fig. 1).
  La Torre Cerrano mantenne la sua forma originale e le sue funzioni per tutto il XVI E il XVII secolo. Agli inizi del XVIII secolo divenne proprietà dei marchesi di Cermignano, i “di Scorrano”, che continuarono ad usarla come torre di guardia e di difesa del confine orientale del marchesato, mentre il confine interno era difeso dalla torre di Montegualtieri, dalla peculiare e unica base a pianta triangolare, anch’essa ancora intatta.
  Le Prime modifiche apportate alla struttura della Torre risalgono agli inizi del ‘900, quando venne acquistata dall’ufficiale di Marina, Pasquale Filiani che, nel 1915 La fece restaurare e rendere abitabile; il progetto venne curato dall’Ing. Vincenzo Rosati, che fece aggiungere la parte superiore: un parallelepipedo che prolunga l’originaria canna muraria verticale, mantenendone intatta l’ampiezza, e che si conclude con una terrazza che ripropone nel coronamento il motivo originario a merli guelfi. Vennero Eseguiti lavori anche all’interno, abbassando con soffitti piatti la probabile volta a botte (conservatasi nella gemella Torre del Salinello) e ricavando scale, disimpegni e piccoli vani nello spessore dei muri e aprendo finestre a oblò subito sotto i merli originali (fig. 2). L’originario 1° Piano venne suddiviso in due vani sovrapposti che costituivano quindi il 2° E il 3° piano; vennero inoltre costruiti il corridoio del 3° Piano (anch’esso Ricavato nello spessore murario) e la scala tra i due piani.
  Negli anni Venti La proprietà della Torre Passò all’eccentrico Marchese Diego De Sterlich, che apportò ulteriori modifiche, facendo edificare un’ala a L, addossata ai lati sud ed est della Torre; l’aggiunta architettonica era suddivisa in un seminterrato, in un piano terra e in un primo e secondo piano. Nella stessa occasione venne inserita la pavimentazione in cotto e in parquet, ancora conservata. Tutti gli interventi succedutisi nel corso del tempo non hanno comunque intaccato l’originaria forma della Torre viceregnale, ancora perfettamente leggibile; l’apparenta stato di omogeneità è dato dall’uso di materiali edilizi molto simili agli originali (fig. 3). Alla fine degli anni Quaranta La Torre Cerrano venne acquistata dalla famiglia Marucci, per poi passare, nel 1981, all’Amministrazione Provinciale di Teramo che, dopo aver provveduto alla ristrutturazione e al consolidamento dell’edificio, nel 1983 vi istituì un Centro di Ricerche e Studi affidato all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Di Teramo, tutt’ora in loco.  

La Torre è anche sede legale dell’Area Marina Protetta Torre Del Cerrano Istituita nel 2010, che ha reso l’edificio il simbolo dell’impegno nella salvaguardia dell’ambiente e nella sensibilizzazione verso le tematiche ambientali.

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Figura 1. Foto Torre ante 1915 [da V. SCORDELLA, La Foglia racconta. Storie e misteri. – tipografia Hatria, Atri, 2014, p. 139]

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Figura 2. Foto Torre post 1915 [da V. DE LAURENTIIS, F. MATTUCCI, L. RIPARI, Pineto, una città verde sul mare. – Officine Grafiche Edigrafital S.p.A, Teramo, 1989, p. 19]

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Figura 3. Foto Torre dopo il 1930 [da AA. VV., Cerrano ieri e oggi. – Teramo, 1983, frontespizio.]

Il Giardino di Torre Cerrano
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Tutt’intorno a Torre Cerrano un meraviglioso giardino con la tipica vegetazione della macchia mediterranea, aperto tutti i giorni da mattina a sera nel periodo estivo, consente il transito di pedoni e ciclisti lungo la ciclabile adriatica che in questo punto collega Pineto a Silvi.
Il giardino ospita esemplari di pini monumentali e piante particolarmente importanti per il loro utilizzo o per la rarità, come lo Spina cristi, pianta utilizzata spesso per proteggere l’esterno delle fortificazioni in epoca medievale, o il Giglio di mare che fiorisce rigoglioso ogni estate nella zona più a contatto con la duna sabbiosa.

 

 

 

 

 

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